lunedì 13 luglio 2015

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Poiché sono atea, non credo che la tua anima sia volata in qualche posto meraviglioso dove gli uomini buoni aspettano di riabbracciare, un giorno, le bambine che li hanno amati tanto. Né credo che tu mi veda, mi sia vicino, vegli su di me come allora.

Credo invece che tu sia molto più presente di così. Sei nei miei occhi, nel mio viso che ti assomiglia, nelle mie mani inadatte a una donna: “il suo dito fa ombra”, diceva un terrorizzato spasimante di tua figlia cui avevi indicato la porta, e infatti guardale qui, queste mani troppo grandi, non belle, non delicate. Ma hanno fatto grandi cose, queste mani, cercando di imitare le tue: le stringo insieme e stringo ancora te.

E di più. Il corpo umano è fatto per la maggior parte d’acqua: così tu sei ovunque. Una tua lacrima, il tuo sangue, il sudore della tua fronte. Tornato alla terra che amavi, qualcosa di te è salito davvero in cielo; qualcosa di te è caduto ancora dal cielo, qualcosa di te, in tutti questi anni, è tornato a essere acqua.

Mi sono immersa ieri nel mare cristallino, cercandoti, trovandoti: il tuo abbraccio forte era dappertutto.



martedì 12 marzo 2013


Al lavoro mi sembra ancora di poterti incontrare nei corridoi, con le tue bandane colorate e il tuo sorriso indomabile. Al lavoro il programma che gestisce la posta crede ancora che tu ci sia: scrivendo le prime lettere del tuo nome, l'indirizzo si completa in automatico, come se potessi scriverti, come se tu potessi rispondere.
Anche sul web sei ancora presente: resta una pagina di Twitter, la tua fotografia, i tuoi occhi ridenti e fuggitivi, fedeli al tuo nome, la tua gatta, il tuo mare, le tue parole di paura e fiducia, mai disperate, mai, nonostante tutto.
 
Ma noi che guardiamo una cassa di legno chiaro, tangibile, spietata, in questa strana giornata di metà inverno, col cielo che non sa decidere se piangere con noi o provare a confortarci con un inutile raggio di sole, noi come possiamo credere d'averti davvero detto addio?

domenica 3 marzo 2013


A mamma e babbo che, pur passando la vita a litigare, si sono fermati un attimo ad amarsi e produrre me; a mia sorella che, nonostante tutto quello che è venuto dopo, m'ha scelto un bel nome e un giorno m'ha dedicato parole dorate che ancora oggi mi commuovono; alle amiche e gli amici che ci sono da sempre, complici d'allegria e colonne nel dolore; agli uomini amati per una notte e per una vita, perché tutto l'amore, in schegge e in montagne, conta; alle persone meravigliose incontrate come un dono e passate per un momento splendente d'arcobaleno; a chi ha lavorato e lavora accanto a me rendendo serene le ore più lunghe e faticose; a chi ho incrociato per strada e m'ha sorriso senza conoscermi, ed è stato gentile senza guadagnarci.

Non è una merce di scambio, non va detta a sproposito. Grazie è la parola più semplice e bella del mondo, e non va pensata, non va calcolata. Va buttata fuori dal cuore.

lunedì 13 agosto 2012


C'è un universo parallelo dove due vecchietti sugli ottant'anni oggi festeggiano il loro cinquantunesimo anniversario di matrimonio.
Sono due vecchietti testardi, litigiosi, pieni d'acciacchi, ma sono vivi e ancora insieme dopo tutti questi anni.
Lei non è stata una donna troppo bella per non essere superficiale, troppo orgogliosa per non ammettere i suoi sbagli.
Lui non è stato un uomo troppo distratto per amare davvero, troppo spaventato dalla crisi di mezz'età per tenere a mente le priorità della vita.
Sono due vecchietti che hanno tenuto insieme il loro amore con rabbia e lacrime e fatica, perché tutti i grandi amori costano cari, quando devono scivolare lungo giorni, mesi, anni di dissesti e difficoltà, di sbagli e rimpianti, di rimorsi e paure.
Ma si sono amati, si sono capiti, si sono perdonati. Hanno cresciuto due figlie meglio che potevano, due figlie tanto diverse eppure amiche, complici, sorelle.
E hanno avuto cura l'uno dell'altra, perché le malattie a volte arrivano e non puoi farci niente, ma a volte arrivano perché trovano la porta aperta sulla trascuratezza, sulla solitudine, sul dolore.
C'è un universo parallelo dove due vecchietti ora riposano, perché una festa d'anniversario è faticosa alla loro età.
C'è un universo parallelo dove mia sorella e io in cucina ora laviamo piatti e bicchieri e mettiamo ordine nei resti allegri di una festa appena celebrata; e c'è ancora tanto da fare, e nessuna di noi due ha il tempo di piangere da sola davanti a una vecchia foto e al cursore lampeggiante sullo schermo di un computer.

mercoledì 29 febbraio 2012


Tanti anni e son qui ad aspettar primavera. E l'anno bisestile le ruba un giorno: in queste ore irreali, sospese, rubate al tempo, il cuore deve attenderla ancora, quella primavera che tanti anni fa decisi sarebbe cominciata, per sempre, il primo marzo.
L'aria oggi è tiepida e carica di promesse; il giorno è un fiore in boccio pronto a rivelare i suoi colori. Il fiore più raro però si apre di notte, lontano dal rumore, dagli occhi indiscreti. Il fiore più raro si nasconde, spaventato dalla sua stessa bellezza, dal profumo nascosto tra i suoi petali, aspettando le mani che sapranno accarezzarlo e schiuderlo alla vita.
La primavera del calendario è una convenzione degli uomini. Lei arriverà tra poche ore, vestita di bianco, cantando piano nel buio, mentre tutti dormono. Il fiore notturno l'aspetta, è tutta la vita che l'aspetta, per cantare con lei.


domenica 23 ottobre 2011


La donna sulla barca ha gli occhi color del fiume. Tiene saldo il timone e parla con voce calda e serena. Lungo i bordi del fiume la luce dorata del sole giunge obliqua, tagliando le canne e la vegetazione. Potrebbe essere l'alba o il tramonto, o un momento sospeso, rubato al tempo. Siamo sole. Seduta sulla barca, guardo le acque scorrerci intorno: là davanti ci aspetta il mare, ma la barca scivola via lenta, e dobbiamo dirci ancora tante cose in questo viaggio.
Io però preferisco ascoltare. La donna con gli occhi color del fiume mi parla della morte e della vita, della paura e del coraggio, di come tutto s'incontri e s'intrecci lungo la stessa strada. Il fiume è calmo e tortuoso, e lei pilota sicura questa barca che ci porterà al mare, alla fine, ma non adesso, non ancora. Ci aspettano altre anse, altre acque, altra vita, tanta vita.
Forse la incontrerò in un altro sogno. Intanto il mare è ancora lontano.

(per Anna)

martedì 4 ottobre 2011


Io non ho parole per descriverla. Ho solo tanta rabbia, tanta tristezza: per l'ingiustizia della vita, per le malattie che portano via persone straordinarie. 
Conservo un suo messaggio di due anni fa, l'unica volta in cui ci siamo incrociate, perché io non l'ho mai conosciuta, mai incontrata. Ma quanta bellezza ha sparso nella sua breve vita, quante cose abbiamo imparato anche solo leggendo le sue parole. Quanta rabbia, quanta tristezza.
Ciao Anna Lisa: prendo in prestito i pensieri di una tua amica e t'immagino, finalmente, libera.